Se è vero che siamo artefici della nostra sorte, non resta che coltivare autonomia e competenza
Marco Bonfiglio ha vinto a novembre 2015 la Fidippides Run, un’ultramaratona di 490 km che percorre la distanza Atene-Sparta-Atene. Marco è certamente un atleta di grande talento e con un palmarès importantissimo, ma conduce una vita simile a quella di molti di noi, dovendo conciliare gli impegni sportivi con quelli lavorativi (è un informatico della Regione Lombardia). Mi chiedo sempre cosa spinga una persona a raggiungere tali traguardi che paiono impossibili.
Questa forza si chiama autodeterminazione.
Un solido tentativo di descriverla è la Self-Determination Theory degli psicologi Edward Deci e Richard Ryan, che sostiene che ognuno di noi è tanto più motivato quanto più riesce a rispondere a tre necessità. Vediamo insieme quali sono e come possiamo soddisfarle.
Autonomia: è la sensazione di avere davanti diverse scelte e, quindi, di poter esercitare la propria volontà liberamente. Siccome questo non sempre accade, dato che viviamo in ecosistemi sociali di cui dobbiamo tenere conto, come è possibile coltivare questa percezione? I passaggi da fare (non sempre confortevoli a dire il vero) sono essenzialmente questi:
- Riconoscere il proprio autentico desiderio. Sapersi porre ogni giorno la domanda “cosa voglio veramente nella mia vita, nelle mie relazioni, nel mio lavoro?”.
- Riconoscere i vincoli del contesto. Il che significa, essenzialmente, abituarsi a vederli non come ostacoli alla propria autodeterminazione, ma come limiti delle proprie azioni. Proprio nella relazione con i limiti, abbiamo un’importante occasione di crescita. La psicologa Danila Parodi sostiene: “Una persona senza limiti diventa il limite di sé stesso”.
- Saper dire di no. Sviluppare questa capacità consente di focalizzarci su quello che realmente riteniamo importante, minimizzando le perdite di tempo e valorizzando anche agli occhi degli altri le nostre reali priorità. La strategia, in questo caso, è fare pratica, magari partendo proprio dai no più difficili, siano essi da pronunciare di fronte al capo, al partner, ai genitori. Più in fretta iniziamo, meglio è.
Competenza: la percezione di essere sempre in grado di interpretare gli stimoli esterni in modo corretto è una delle caratteristiche su cui possiamo investire di più attraverso la formazione. Già, ma come farla diventare un’abitudine?
- Sviluppare un rituale. Ad esempio iniziare la mattina guardando sempre in modo mirato dei contenuti rilevanti per il proprio sviluppo personale e professionale. Le piattaforme di training online sono ormai talmente abbondanti che è possibile seguire corsi sia semplici e brevi, come quelli di Udemy, sia di livello universitario, come quelli di edX, che raggruppa, tra gli altri, MIT, Harvard e Berkley.
- Iniziare dal piccolo, anzi, dal piccolissimo. Secondo Leo Babauta, blogger ed esperto di “abitudini zen”, è necessario cominciare da qualcosa di talmente minimo e trascurabile da renderne irragionevole il rifiuto. Leggere un articolo o guardare un video di due minuti sono ottimi esempi.
- Focalizzarsi prima sul rituale, poi sui risultati. Un impegno in formazione porta benefici in un periodo medio lungo, quindi è importante renderlo subito parte della nostra routine quotidiana, magari ottimizzando i tempi morti ascoltando un audiolibro durante il percorso verso il lavoro.
Collegamento con gli altri: è nel rapporto con le altre persone che risiede una delle più importanti caratteristiche tipicamente umane. Condividere socialmente il proprio percorso di autodeterminazione e, quindi, anche le nostre gioie e fallimenti, ci consente di rafforzarci. Anche in questo caso vediamo tre suggerimenti di miglioramento.
- Essere genuinamente interessati agli altri. Ovvero mettersi in ascolto con attenzione e senza pregiudizi. Sono spesso stupito di quanto di sé dicano le persone se lasciate libere di esprimersi. Esercizio da fare: lasciare parlare 1 minuto più del solito il proprio partner/figlio/genitore, stupirsi, ripetere.
- Trovare un terreno di conversazione comune. Adattare il proprio stile di comunicazione all’altro, alla ricerca di argomenti di interesse comune. Il che è, oltretutto, un’ottima occasione di formazione.
- Mostrare proattività. Questa è la caratteristica elle persone che, nell’elaborazione degli stimoli che vengono dall’esterno, ne comprendono la portata futura e prendono un’iniziativa. Aiutare i propri collaboratori prima che lo chiedano è il gesto tipico del proattivo che, in questo modo, rafforza il suo sistema di relazioni.
Autonomia, competenza e collegamento con gli altri sono, dunque, le tre abilità che dobbiamo sviluppare per consolidare l’autodeterminazione ed essere, infine, persone migliori. Come scriveva il filosofo Michael Novak: “La nostra dignità di persone deriva dalla nostra capacità di riflettere e di scegliere, cioè dalla nostra capacità di autodeterminazione e dal fatto che quindi siamo responsabili della nostra sorte”