Gli errori sono opportunità solo se lavoriamo (delicatamente) su noi stessi
Aver familiarizzato con l’idea che gli errori siano opportunità è certamente una conquista dopo tanto, troppo tempo in cui erano rimbrottati se non demonizzati; ma è una mezza verità. Perché questa benevolenza nei confronti degli errori è largamente incompleta se non si dice che per tramutare l’errore in opportunità ci sono condizioni assolutamente imprescindibili. Prima fra tutte – non sarà democratico, ma è così – l’eccellenza.
Un esempio: nel più celebrato dei suoi video motivazionali, Michael Jordan dice “nella mia carriera ho sbagliato novemila tiri ed è così che sono diventato Michael Jordan”. Fantastico, vero? Sì, solo che novemila tiri li ho sbagliati anch’io, ma non sono diventato Michael Jordan: perché commessi da lui gli errori diventano nutrimento per la crescita, commessi da me restano errori e basta.
Ogni volta che diciamo che gli errori sono opportunità dobbiamo immediatamente aggiungere “se lavori con la massima durezza e se sei duro innanzitutto con te stesso”. Ma le cose sono ancora più complicate di così: ci sono errori facilissimi da riconoscere (tipo, hai sposato la persona sbagliata, o hai spedito un rigore in curva, o hai commesso una gaffe o hai fatto qualcosa che davvero non dovevi fare) e gli errori che tendiamo a ripetere più spesso, i più insidiosi, quelli che esprimono il proverbiale lato oscuro della Forza.
Perché sì, spesso i nostri punti deboli sono l’effetto collaterale dei nostri punti forti.
Il carattere forte che diventa carattere difficile e scomodo. Il grande amore che genera la tremenda paura di perdere chi amiamo. La confidenza in se stessi che si fa arroganza. La generosità, il darsi troppo, che scivola nell’autolesionismo. La spinta a slanciarsi oltre che taglia i ponti alle proprie spalle. L’orgoglio che ci mette nei guai. La voglia di conoscere e provare e inseguire mille cose che ci rende dispersivi e ci allontana dal senso delle priorità.
Potrei andare avanti per ore, sono certo che a voi verranno in mente altre decine di esempi. Quello che è certo è che non è possibile tracciare una linea di demarcazione fra la forza e la debolezza: non amo particolarmente i simboli, ma quello quintessenziale del Tao rivela proprio che in ogni campo bianco c’è una goccia nera e viceversa.
Dunque, se la più grande qualità del carattere contiene in sé la propria debolezza, dobbiamo rassegnarci a considerare irrimediabili gli errori che ne derivano? Chiaro che no: se quelli più plateali possiamo facilmente individuarli e tentare di non ripeterli, con gli errori più connaturati alla nostra natura si tratta ogni giorno di lavorare sui margini di miglioramento, di trovare nuovi equilibri. Perché non si può né rifugiarsi nel “sono fatto così” ed essere compiacenti verso le proprie debolezze, né per eliminare le debolezze andare a intaccare il preziosissimo metabolismo della nostra personalità.
Dobbiamo imparare ad arrotondare senza snaturarci, a restringere man mano i margini di errore. È un lavoro delicatissimo, fatto di piccoli spostamenti e di sfumature, agito con consapevolezza ma senza stare ad arrovellarsi e a pensarci troppo.
Dobbiamo essere così fieri del nostro “sono fatto così” da voler migliorare il nostro “sono fatto così”. Dobbiamo fare come Michael Jordan, che non si è minimamente fatto impaurire da tutti quegli errori ma semplicemente ha lavorato per diminuirne la forza di gravità facendo diventare ancora più forti i suoi tratti forti. È soltanto così che l’errore è davvero una grande opportunità.