L'Intelligenza Artificiale? Chiamatela Umanità Aumentata
C’è una significativa speculazione in corso. È l’attribuzione al concetto di Intelligenza Artificiale di superpoteri in grado di portare questi sistemi cognitivi a “sostituire” l’uomo, perlomeno in alcune professioni. È una rappresentazione molto imperfetta e sottilmente fuorviante dello stato dell’arte di queste tecnologie e in particolare della roadmap di evoluzione.
WoW – World of Watson, è la kermesse mondiale periodica dei “fanatici” dell’intelligenza artificiale. È il luogo dove potersi aggiornare, esaminando use cases, mettendo le mani nelle applicazioni concrete della tecnologia, confrontandosi con una grande quantità di professionisti dello sviluppo dei sistemi cognitivi. 17.000 delegati provenienti da 101 paesi hanno dato vita a un poderoso momento di “allineamento collettivo” sul potenziale della tecnologia AI.
Ginni Rometty, Chairman, Presidente e CEO di IBM l’ha scandito chiaramente dal ring della T-Mobile Arena di Las Vegas, davanti a tutti i 17.000 presenti. Smettiamola di chiamarla Intelligenza Artificiale, ma diamole la connotazione corretta. Si tratta di Intelligenza Aumentata. E ciò che viene aumentato è il potere dell’intelletto umano.
Si vuole, con Watson, affiancare alle competenze tipiche dell’uomo, quelle di un sistema cognitivo in grado di apprendere dalle esperienze. Con l’effetto di rendere queste capacità “estese”, potenziate e con nuove inusitate potenzialità. Le applicazioni di Cognitive Computing si affiancano alle peculiarità umane per generare una nuova forma di conoscenza collettiva, in grado di scovare relazioni in grandi massi di dati, proponendo soluzioni a temi complessi come quelli della diagnosi tumorale, ma anche consentendo cose più “ludiche” come supportare un songwriter nel generare un motivo e un contenuto che diventi una hit in breve tempo.
Le implicazioni di questo “piccolo” cambiamento nel vocabolario dei sistemi cognitivi sono state rinforzate da una serie di interventi che hanno teso a mettere in evidenza l’esigenza di un’etica delle soluzioni basate su AI. Così come lo smartphone è diventato una estensione dei nostri sensi, la vista, l’udito, l’accesso all’intelligenza collettiva dei sistemi come Google, così le applicazioni di AI diventeranno la naturale estensione del nostro modo di imparare, intuire, valutare, esaminare.
Le grandi masse di dati non ci faranno più paura. I sistemi complessi con migliaia di variabili saranno accessibili alle nostre capacità estese. La nostra naturale competenza nell’intuire, predire, scoprire relazioni sarà potenziata a livelli che oggi ci appaiono impossibili. Watson, in questo contesto, non è più un prodotto. È una evoluzione del comportamento umano. Non è un sistema, è uno stile di vita. È il nostro modo presente e futuro di potenziare la funzione più potente che abbiamo a disposizione. La capacità di evolvere.
Perciò smettete di chiamarla Intelligenza Artificiale. Si chiama Umanità Aumentata.