Alleniamo la mente al silenzio e impariamo a dirci la verità
Con l’aumentare dei volumi di lavoro decidiamo di prendere una nuova collaboratrice esterna. Dopo un paio di prove di documenti in cui c’erano alcuni piccoli errori, le abbiamo affidato un documento più importante e complesso. Il risultato è stato disastroso. Parlando, scopriamo che non siamo gli unici a contestare: «fate come tanti altri clienti, mi chiedete un lavoro e poi vi lamentate di tutto!». Ma la sua risposta più scioccante è arrivata quando le abbiamo scritto che il lavoro fatto non era per niente accettabile. «In quale punto? A me sembra fatto molto bene» è stata la sua risposta. Questa ragazza continua a perdere clienti, ma se le chiedi il perché, non lo sa. Anzi, diciamo che ha un suo racconto: «sono i clienti che non sanno valutare il mio lavoro». Il problema è che se tu non vedi la realtà, la realtà va avanti comunque. Tu perdi i clienti. Punto. Poi puoi raccontarti quello che vuoi.
Può sembrare un esempio estremo, ma siamo tutti un po’ come lei.
Quando lavoravo come Career Coach, incontravo tanti disoccupati che avevano la stessa capacità di raccontare la realtà. Nonostante fossero chiari i loro punti di miglioramento, loro non li accettavano e continuavano a dire che «sono le aziende responsabili del fatto che io sono disoccupato». O lo Stato. O il sistema. Anche solo accennare al fatto che magari potessero avere qualche criticità a livello di competenze richieste, di capacità comunicative, organizzative, suscitava reazioni a volte estremamente aggressive. Chi non aveva questo tipo di atteggiamento, riusciva a trovare lavoro dopo pochi mesi. Chi invece continuava a raccontarsi queste storie, rimaneva senza lavoro.
Vedere la realtà è una competenza fondamentale, ma difficile. Richiede la capacità di fare silenzio nella nostra mente, il silenzio dal nostro dialogo interno, dalle narrazioni che noi abbiamo sulla vita, sul perché succedono alcune cose, su come siamo noi e come sono gli altri.
Il dialogo interno non è sempre negativo: se abbiamo un problema e ci diciamo «dai alla fine una soluzione la troverò, devo solo mettermi a cercare bene», questa narrazione ci aiuta a mantenere la motivazione di andare avanti e soprattutto ci spinge a cercare una soluzione. In molti altri casi però queste narrazioni servono per proteggere la nostra autostima e ci rendono ciechi.
Noi raccontiamo la realtà in ogni momento: dal perché non siamo riusciti a raggiungere un obiettivo al giudizio sul nostro vicino. Queste narrazioni però sono una realtà romanzata che, per quanto possa essere utile per farci sentire bene, può diventare molto pericolosa quando su di essa basiamo scelte fondamentali per la nostra vita.
Molti imprenditori hanno fallito perché si raccontavano che la ragione per le mancate vendite fosse “la crisi”, oppure “i cinesi”. Questa spiegazione non ha senso, quando osservando la realtà vediamo che altri concorrenti hanno invece aumentato le vendite. Ma il nostro bravo imprenditore ha un racconto anche per quello: «sì, ma loro hanno prodotti diversi», oppure «sì, ma la nostra situazione è diversa». Possiamo trovare sempre un perché che accarezzi la nostra autostima, se vogliamo. Il problema è che decidere sulla base di narrazioni di vita inefficaci ci porta a delle conseguenze, spesso negative. Che sono un gran regalo se però sappiamo imparare da esse. Se siamo stati ciechi fino a quel momento, è probabile che non riacquisteremo la vista anche quando andiamo a sbattere contro il fatidico muro. Faremo anzi quello che abbiamo sempre fatto: inizieremo a raccontare il “perché” abbiamo sbattuto, che naturalmente non sarà colpa nostra. Al massimo, un concorso di colpa, dove il mondo però è quello che ci mette i bastoni fra le ruote.
Allenare il silenzio della mente significa fermare queste perniciose narrazioni e guardare la verità, perché è da questa che possiamo basare decisioni fondamentali. È così che si vince: analizzando la realtà, non romanzandola. Se la realtà ci dice che abbiamo completamente sbagliato la strategia di marketing, saremo anche feriti nell’orgoglio, ma abbiamo appena capito come salvare l’azienda. Se sappiamo che per avere quel lavoro ci serve una competenza che non abbiamo, potremmo anche sentirci male, ma in realtà abbiamo finalmente l’opportunità di lavorare nel settore che vogliamo. La verità fa male, ma è un’ottima guida.
Per allenare il silenzio della mente, occorre prendere consapevolezza del nostro dialogo interno e verificare i nostri perché. Guardare i dati, i fatti, senza ricamarci sopra. Se i concorrenti vanno alla grande e noi perdiamo quote di mercato, non possiamo raccontarci che sono i cinesi la causa. Siamo costretti ad esplorare più a fondo e magari scopriamo che per il nostro settore un sito ecommerce è diventato fondamentale. Possiamo finalmente mettere in atto azioni di grande qualità.
La vita è come una montagna: non accetta giustificazioni, racconti, romanzi, scuse: o sali, o torni a casa. Con la montagna non può lamentarti dicendo «adesso tu devi abbassarti perché io non riesco a salire». Se non riesci, devi allenarti fino a quando ce la farai. Oppure hai un’altra possibilità: puoi raccontarti che il mondo è ingiusto e che non ti ha fatto con le gambe abbastanza forti e quindi, per tua sfortuna, non potrai salire. Potrai raccontarti questa storia e tornare a casa. La montagna rimarrà lì dov’è, in attesa di qualcuno che farà silenzio nella sua mente…. e inizierà la salita.