Basta conflitti: impariamo a negoziare con sincerità
Cosa sarà di noi, delle nostre aziende, dei nostri Stati da qui ai prossimi 10 anni?
La risposta che ho colto dal TED Summit di Banff è una visione ambiziosa e pragmatica ma nello stesso tempo ricca di positiva ingenuità, una possibile ricetta per gestire questi tempi difficili e liquidi che tiene insieme politica e sociologia, innovazione tecnologica ed economia. Ho partecipato a questo evento lo scorso giugno sulle montagne canadesi, un grande raduno della comunità di innovatori, futurologi, artisti e scienziati, come il sociologo inglese esperto di tematiche migratorie e demografiche Alexander Betts e l’esperto di relazioni internazionali Jonathan Tepperman, mille invitati provenienti da tutti i continenti diretti da carismatico Chris Anderson (leggete questo suo post illuminante).
Occorre comprendere come sia ormai conclusa l’era dello storytelling e della retorica solo positiva, una sorta di mantra dove il mix di globalizzazione, apertura di mercati/frontiere e diffusione della democrazia avrebbero di per sé portato ad una maggiore prosperità per tutti. Un mondo che raccontavamo senza realmente interrogarci se fosse davvero possibile vivere in un’era che avrebbe permesso ai pochi che hanno già di tenersi tutto ed ai restanti di sperare entro poco di avere anche loro qualcosa. Insomma la narrativa del win-win, del vogliamoci bene, non ti so spiegare come ma fidati che tutto si risolverà.
Filtrati dalle due bolle cognitive oggi fortissime, quella digitale – siamo esposti, sempre più, solo a informazioni e contatti di chi la pensa come noi – e quella geografica – tendiamo a non visitare luoghi e posti frequentati da comunità diverse dalla nostra – abbiamo perso di vista quanto questa narrazione non fosse più efficace e che quegli strumenti non garantivano affatto maggiore inclusione. Non parlo solo di una divisione nord/sud del mondo, ma di microfratture che accadono anche nella nostra Europa, tra chi è stato spazzato via dalla deindustrializzazione a chi, giovane, non ha più le opportunità del proprio padre o a chi, migrante, si trova a non avere alcuna possibilità reale di futuro. La Brexit è solo un lampante epifenomeno di questo trend ineluttabile ma invisibile ai nostri occhi filtrati.
Come rispondere a questa che è innanzitutto una crisi di narrativa e di spiegazione chiara e vera per tutti dello scenario storico in cui ci troviamo a vivere?
La proposta che ho colto dal TED Summit è quella di attivare fin da subito una retorica e uno storytelling del tutto differente e più reale: perché tu (lavoratore, azienda, Stato) possa stare meglio, possa diventare più forte e migliore, occorre che qualcun altro da qualche parte stia peggio. Insomma dal win-win al win-lose. Chiariamoci: non vuol dire guerra mondiale o scenari apocalittici. Tutti ci auguriamo che ciò non accada mai più. E neppure siamo diventati cattivi e insensibili all’improvviso. Ma occorre rinunciare a dire delle falsità, delle menzogne caritatevoli o ancora peggio delle illusioni confezionate con l’ausilio di una scienza politica o economica venduta come infallibile, quando essendo scienza sociale è fallibile per definizione.
Occorre semplicemente dire la verità, a ogni livello. Negoziare con trasparenza nella propria vita professionale, nelle aziende, in politica nazionale e internazionale, il necessario squilibrio che si genera quotidianamente, decine di volte a livello personale e milioni di volte a livello collettivo. L’inevitabile polarità tra chi diventa più forte e guadagna da una certa situazione o decisione e chi in quel caso deve rinunciare a qualcosa.
Solo negoziando risolveremo e anticiperemo i conflitti. Solo smettendo una narrativa autoriferita potremmo evitare la prossima Brexit.
Al TED Summit sono stati proposti molti strumenti e tattiche a supporto di questa nuova narrazione: il ruolo che il locale, le comunità e le città avranno nel generare hub di coesione tra diversi, la necessità di spiegare con chiarezza quali sono i benefici e i difetti per diversi target di politiche come la globalizzazione, la libertà di movimento o il free trade. E poi la creazione di occasioni per mettere insieme le diversità e i diversi pensieri, anche estremi, in modo da tenere conto dei bisogni di persone differenti, oltre i filtri digitali e geografici di cui parlavo.
Sono stati citati anche casi positivi, come le politiche di multiculturalismo e immigrazione del Canada del padre dell’attuale premier Trudeau, la politica di coesione inter religiosa della Indonesia di Suharto o infine la recente capacità compromissoria e realista di Enrique Peña Nieto in Messico.
Insomma impariamo a negoziare la realtà nel presente e non a vendere illusioni di futuro.