Fattore tempo, elemento cruciale delle nostre vite lavorative: lo utilizziamo nel modo corretto?
Quello che ci ha insegnato Albert Einstein sul tempo, ovvero che è relativo e dipende dall’osservatore che lo misura, in realtà non vale sul nostro pianeta, o meglio, non vale per le questioni umane, e dunque nemmeno per il Business. Per aver una deformazione reale del tempo, l’uomo dovrebbe muoversi a velocità molto più elevate di quelle che biciclette, auto, treni, aeroplani e razzi oggi ci permettono.
Eppure sono certo che molti di voi hanno vissuto la sensazione che, in funzione del proprio stato d’animo, il tempo scorra più o meno veloce. In effetti, anche se sulla Terra e per le nostre attività il tempo dal punto di vista fisico rimane sempre lo stesso, è vero che la sua percezione può cambiare.
Insomma, il detto “come passa in fretta il tempo quando ci si diverte”, ha un fondo di verità. È dunque giusto interrogarsi sulla nostra percezione del tempo, sulla nostra relazione con esso e su come cambia rispetto alle abitudini e ai costumi della nostra geografia e della nostra cultura. Queste domande sono fondamentali oggi, perché il fattore tempo diventa sempre più presente nella vita lavorativa influenzando le nostre performance, e perché il tempo in fondo è una piattaforma comune su cui tutto si svolge.
L’idea di scrivere un post sul tempo e il mondo del lavoro mi è venuta qualche estate fa, di ritorno a Milano dopo un agosto a casa di carissimi amici in Puglia, in cui alcuni comportamenti agli antipodi mi hanno fatto riflettere su come le persone trattano il tempo. Complice anche il periodo di vacanza, i miei amici dividevano le giornate in tre grandi segmenti: la mattina, il pomeriggio, la sera.
Questo atteggiamento rilassato verso il tempo forse non mi avrebbe colpito così tanto se, appena tornato a Milano, un giovane imprenditore del digital, rispondendo ad una mia richiesta d’incontro non mi scrivesse via mail: «va bene, ci vediamo mercoledì, ho uno slot libero dalle 14.45 alle 15.15» In questo caso la giornata viene divisa addirittura in quarti d’ora, e rispetto a prima passiamo da tre grossi slot a ben 96 microslot. Questi due casi limite mi permettono di fare qualche riflessione sul tempo:
Dimmi da dove arrivi e ti dirò che orologio usi
Si dice che gli eschimesi abbiano 92 modi per riferirsi al ghiaccio. Quando una cultura vive di qualcosa e con quel qualcosa instaura uno stretto contatto alla fine finisce per raffinarne e sofisticarne le relazioni. Come abbiamo capito, ci sono culture che hanno un rapporto più raffinato con il tempo e culture che trattano questa grandezza fisica con più flessibilità. Nessun giudizio ma visto che spesso le persone nella stessa azienda o nello stesso team provengono da regioni d’Italia o del mondo diverse, imparare a “sincronizzare gli orologi” per lavorare insieme, capendo come ognuno di noi divide il proprio tempo, come organizza gli appuntamenti è una prima regola sul tempo che dovremmo imparare a gestire.
Comunicazione sincrona e asincrona
Abbiamo davvero molti strumenti di comunicazione: mail, telefono fisso e mobile, sms, WhatsApp, Skype, Messanger e poi la cara vecchia posta ordinaria. Attenzione però, ogni strumento di comunicazione ha il suo tempo, confonderli potrebbe creare disagio e frustrazione.
Gli strumenti di comunicazione sincroni sono quelli che prevedono che i due interlocutori siano online contemporaneamente affinché avvenga la corretta comunicazione: lo strumento principe in questo mondo è il telefono. Gli strumenti di comunicazione asincroni, invece, non prevedono che i due interlocutori siano online contemporaneamente: l’esempio tipico è la mail o gli sms. Posso scrivere una mail oggi e ricevere una risposta tra due giorni, tutto normale: fa parte dell’asincronismo.
Mi sembra però che questa regola non sia bene chiara. Infatti, spesso vengono usati strumenti del secondo gruppo (asincroni) per comunicazioni rapide e urgenti, che dovrebbero essere veicolate da quelle del primo (sincroni). Imparare questa regola aiuterebbe a vivere il tempo del lavoro in modo più sano ed efficace.
Due orecchie e una sola bocca
In un periodo in cui gli strumenti di comunicazione istantanea ci permettono di essere più attivi, risulta fondamentale saper capire come dividere il tempo dell’ascolto dal tempo del parlare, soprattutto sul lavoro. A differenza di qualche decennio fa, quando avevamo solo posta, tv, radio e quotidiani, che ci richiedevano più “ricezione” e meno “trasmissione”, oggi è fondamentale dividere bene il tempo tra queste due grosse attività (input/output). In primo luogo per non arrivare alla saturazione di informazioni del nostro ecosistema lavorativo e, poi, perché tutte le macchine e gli organismi che vivono di informazioni devono svolgere tre principali azioni: assimilare informazioni, elaborarle e solo dopo esternarne di nuove. Insomma, in generale mi sembra sensato dedicare più tempo all’ascolto e all’elaborazione piuttosto che alla scrittura, così come anche la nostra conformazione anatomica ci ricorda: abbiamo due orecchie e una sola bocca.
Avremo più tempo
Quella che gli americani chiamano singularity (singolarità tecnologica) porterà nel nostro scenario sociale e lavorativo tecnologie sempre più performanti e automatizzanti, come robot, stampanti 3d, auto che si guidano da sole, intelligenze artificiali di ogni genere. Tra le tante cose che questa rivoluzione stravolgerà sarà proprio il tempo e in particolare il tempo del lavoro. In molti, i più entusiasti, promettono che avremo più tempo libero per le nostre passioni, perché le macchine svolgeranno molte delle nostre attività, altri, più preoccupati, dicono che la nostra vita peggiorerà, e che verremo soffocati dalla tecnologia. Quello che credo sia giusto sottolineare, usando il massimo della laicità che riesco a trovare e cercando di allargare la lente di osservazione, è che la tecnologia non è in grado (non lo è mai stata) di cambiare le vite o il destino dell’uomo, ma piuttosto può indirizzare, amplificando o smorzando le abitudini dell’umanità o dei singoli individui. Così, sono certo che nel futuro, chi vorrà lavorare di più, aumentando la propria produttività, troverà tecnologie utili al suo scopo, chi invece vorrà più tempo per sé farà in modo di piegare le tecnologie al suo scopo. È sempre stato così, almeno in un rapporto sano tra cultura, biologia e tecnologia.
Anche osservando come beviamo il caffè si può capire il diverso atteggiamento che le diverse culture e le diverse geografie hanno rispetto al tempo. Come sa chi ha viaggiato un po’ per il nostro bel Paese, nel nord Italia si usa dire “caffè lungo”, mentre nel sud Italia si usa la formula “caffè alto”. Perché?
>Facile, a nord è dominante il fattore temporale e ci si riferisce in termini di tempo per avere un caffè abbondante (un lungo tempo di erogazione della macchina), mentre al sud si preferisce usare i termini spaziali, richiedendo esplicitamente un caffè più alto.
Il tema del tempo e della cultura è un tema affascinante e pervasivo, in ogni attività della nostra quotidianità…