Coliving: vivere e lavorare con le stesse persone non è un incubo. È un’opportunità
Se siete fan o interessati al tema del coworking sapete che in passato ne ho parlato sottolineando quanto la creazione di una community sia importante e prioritaria nella progettazione di uno spazio di lavoro condiviso, per non ridurre il coworking a un business ma arricchirlo di un valore aggregativo, di creazione di opportunità e di scambio/condivisione di sapere e strumenti.
Oggi l’esperienza del lavorare all’interno di spazi di coworking non basta più, è per questo che ormai molte persone si affidano a spazi di coliving.
La prima volta che si è dato questo nome al nuovo fenomeno è stato nel 2012 sulle pagine di Shareable circa uno spazio dal nome Rainbow Mansion, una casa in Silicon Valley in cui, dal 2006, coabitavano giovani hackers e professionisti dalle idee brillanti.
Sempre nel 2012 a Casa Netural a Matera abbiamo attivato a fianco dello spazio di coworking rurale anche quello del coliving, dell’abitare in comunità, per dare l’opportunità a persone di altri territori di vivere in un contesto ricco di collaborazione, occasioni di apprendimento, situazioni di scambio e conversazioni interessanti. Quindi vivere in coliving é molto piú che condividere un appartamento con coinquilini, come molti di noi hanno fatto, ma é una sistemazione che da molto di più la sensazione di una famiglia, dove i componenti si aiutano reciprocamente a crescere.
Successivamente dal 2013 hanno iniziato a svilupparsi nel mondo vari progetti di coliving, in cui i partecipanti sperimentano la cultura della condivisione, collaborazione e trasparenza. Tra i primi a San Francisco c’è The Embassy, il quale ora si è sviluppato in The Embassy Network e ha degli spazi anche in altre città degli USA, ad Haiti, in Costa Rica e in Nepal, a New York c’è Pure House e in Italia a Roma Together.
Oggi però sul mercato residenziale sta venendo a galla una nuova tendenza.
In una situazione in cui i prezzi delle case sono molto alti, i professionisti girano sempre di più in un mercato del lavoro globale, la creazione di una famiglia è posticipata a una età più avanzata, il limite tra vita professionale e personale è sempre più sottile, la gente è disposta a pagare per sistemazioni abitative di condivisione.
Praticità e comunità sono gli elementi chiave dell’offerta. Le società di coliving offrono contratti di affitto brevi e flessibili e tariffe mensili forfettarie che coprono l’affitto, le utenze, le pulizie e le attività comuni.
L’obiettivo è semplificare la gestione della vita, minimizzare i rischi di attriti fra coinquilini e liberare il loro spirito creativo e collaborativo.
Uno degli ultimi spazi aperti a New York è un mix tra casa per studenti e hotel e si chiama We Live. Un’idea un po’ hippie ma che ha convinto una nuova generazione di imprenditori ad investire su progetti di housing on demand, in cui il carattere più forte si basa sul fatto che i giovani professionisti oggi prediligono l’esperienza al possesso e la condivisione sta alla base di questo.
Dentro a uno spazio di coliving quello che si genera è un interesse per le doti dell’altro e per la sua condivisione e si ha accesso a molte più cose rispetto a una convivenza in appartamento con altre persone.
A Londra ha aperto The Collective che si propone di creare proprio un nuovo stile di vita prendendo ispirazione dal vecchio concetto di community. Uno degli obiettivi di questi spazi è quello di aiutare i coabitanti a concentrarsi sulle cose che contano veramente (a livello personale e lavorativo) e trovare altre persone attorno a sé che si trovano sullo stesso percorso.
Una delle variabili del coliving che più mi piace è quella del creare luoghi dove dare ospitalità a persone rigenerando spazi abbandonati, come ha fatto Kim Mai Cutler, quando ha scelto di cambiare vita e dedicarsi al suo esperimento di riuso di spazi a Miami e in indonesia per creare Roam, il progetto di abitare collettivo e di lavoro per freelancer.
Questa tipologia di coliving è interessante perché può attrarre persone di altri territori che sono ispirati da quello che sta succedendo in quel posto e vogliono partecipare in maniera temporanea per vederlo dal vivo, ma al tempo stesso si mettono in dialogo con il contesto e possono portare il loro know how a vantaggio di tutti.
Gli spazi di coliving si descrivono come luoghi dell’opportunità lavorativa, ma cosa vuol dire vivere in maniera temporanea in uno stesso spazio, dove si vive e si lavora, dove si incontra gente interessante e d’ispirazione?
Il proprio lavoro da tutto questo può avere giovamento? Come per tutti gli spazi di collaborazione penso che per generare comunità e collaborazione ci sia bisogno di continuità e di attività che creino aggregazione.
Nel coliving questo non è scontato (si può vivere anche per brevi periodi e magari le attività non sono così facilmente gestibili) quindi secondo me il focus non deve essere solo su concentrarsi e sul migliorare una impresa ma bensì disegnare dei processi che creino relazioni che danno strumenti e un importante supporto a creare la migliore impresa.
Siete interessati a far parte della community globale del Coliving? Unitevi al gruppo FB aperto dedicato!