Come possiamo perfezionarci sul lavoro? Con un allenamento continuo
«Noi ci alleniamo lavorando». È una frase che ho sentito pronunciare spesso nel mondo del lavoro.
È una frase simpatica, ma dimostra che chi la pronuncia non ha ben chiaro cosa significhi allenarsi.
Allenarsi non significa solo fare esperienza diretta, significa svolgere in un ambiente “protetto” degli esercizi che ti consentiranno di fare meglio quando arriverai sul campo.
È una distinzione sottile ma fondamentale. Vale per lo sport ma vale, forse ancora di più, per le nostre performance nel mondo del lavoro. Questo non significa che per perfezionarsi non si debba fare tanta pratica, ma che accanto all’esperienza in partita occorre prepararsi in palestra. Se il nostro unico allenamento è infatti la partita succedono tre cose:
- Tendiamo a perpetuare errori e imperfezioni;
- Non sperimentiamo e non rischiamo;
- Valutiamo il successo dal risultato (che dipende da molti fattori) e non dalla qualità del lavoro svolto.
Nel mondo del lavoro si stanno diffondendo con grande successo dei meccanismi formativi fondati sulla simulazione della pratica professionale. Il professionista grazie alla tecnologia si misura con degli ambienti virtuali lifelike, molto vicini alla realtà, in cui può moltiplicare senza rischi l’esperienza della sua performance professionale.
Può fare 100 ore di volo virtuale o 100 interventi chirurgici o 100 colloqui con un cliente, prima di poter mettere le mani sulla vita vera. Questi strumenti formativi sono utilissimi perché ci consentono di simulare l’intera performance professionale.
Tuttavia il professionista che vuole eccellere e perfezionarsi deve andare oltre. Si deve concentrare in allenamento sui gesti che fanno la differenza, su quelle singole componenti del proprio lavoro per cui Tizio è più bravo del collega Caio.
Mi spiego con un esempio: nel basket molti allenatori sostengono che la vera differenza tra due giocatori dello stesso livello la faccia la qualità dei passaggi. È il passaggio che fa la differenza e quindi è il passaggio che merita un surplus di esercizi: passarsi la palla potendo utilizzare solo un braccio per esempio, passarsi un pallone pesantissimo, passarsi la palla da terra oppure con la visuale ristretta.
Uscendo dalla metafora sportiva cosa significa quindi perfezionarsi sul lavoro?
Intanto significa individuare dove sta quel guizzo insostituibile, quel qualcosa che nel tuo lavoro ti può rendere più bravo degli altri: un contabile migliore, un progettista migliore, un imprenditore migliore.
Qual è la competenza chiave, quella che ci distingue dai nostri colleghi? È allenabile? Come?
Con quale fotogramma descriveremmo il momento in cui facciamo la differenza sul lavoro? Ecco, quel gesto tecnico può e deve essere allenato. Analizziamo il fotogramma, chiediamoci cosa c’è dietro quel gesto, quali “muscoli cerebrali” lo rendono possibile. A quel punto diventa naturale progettare degli esercizi ad hoc, e trovare almeno mezz’ora alla settimana per praticarli.
Non temo l’uomo che ha tirato centomila calci, ma quello che ha tirato lo stesso calcio centomila volte. (Bruce Lee)
Per trovare meravigliosa ispirazione sul tema leggete Piccolo manuale del talento di Daniel Coyle.