Chi ha detto che le donne non fanno squadra? Guida ai gruppi femminili di Facebook al servizio del lavoro
In passato quando pensavo a gruppi validi in cui trovare spunti professionali e fare nuove conoscenze, il mio punto di riferimento era LinkedIn, e infatti mi sono iscritta a trenta gruppi, sia italiani che in lingua inglese. Gruppi che ho frequentato attivamente, anche perché, si sa, uno dei valori aggiunti del social era ed è anche quello di lavorare in ottica di web reputation e farlo in ambienti digitali affini ai propri interessi. Oggi invece trovo che i gruppi di Facebook sostituiscano o addirittura superino in efficienza quelli di LinkedIn. E che, se ci rifacciamo al Communites Manifesto dell’esperto statunitense Stan Garfield, rispecchiano molte caratteristiche di una community, che deve:
1. Condividere nuove idee e suggerimenti pratici.
2. Innovare tramite il brainstorming di ogni membro, tenendo informati gli altri sugli sviluppi di quelle idee.
3. Riutilizzare soluzioni che vengono fuori da domande e risposte, condividendone le intuizioni e recuperando il materiale pubblicato.
4. Collaborare attraverso discussioni aperte, tracciate.
5. Favorire l’apprendimento degli altri membri della community.
A queste aggiungo: collegarsi spesso perché si sa che in quell’ambiente c’è scambio di valore, voglia di appartenere a un gruppo e di farsi conoscere per quello che si è e che si fa.
In quelle di cui parlerò c’è un altro aspetto: sono tutte community al femminile. E ok, siamo contro la differenza di genere, si cerca sempre più di valorizzare una persona indipendentemente dal sesso, eppure in queste community una certa “femminilità”– passatemi il termine – è caratteristica tutt’altro che trascurabile.
Nelle #socialgnock sono entrata grazie al suggerimento di una collega giornalista, Silvia Giovannini. E mi si è aperto un mondo. Il gruppo di quasi tremila utenti è volutamente aperto e per farne parte, oltre a chiederlo espressamente, dovete essere appunto donne. A fondarlo sono state Rosa Giuffè, consulente di comunicazione, Valentina D’Amico, project manager, e Lorena di Stasi, social & digital strategist.
Ogni giorno si parla di argomenti che riguardano la vita professionale (i membri svolgono tutti “professioni web”) ma anche di moda e stile. Si imparano nozioni importanti (ho scoperto più su come usare Instagram per le aziende qui che altrove) che poi diventano argomenti condivisi tramite file scaricabili, veri e propri tool. Ricordate che a giugno, quando si sentiva la parola cookies, invece che alla sensazione dolce data dai biscotti, si cominciavano a ingoiare bocconi amari? Non si capiva come creare una “cookie policy perfetta”. Invece nel gruppo le tante discussioni sul tema sono state così approfondite da diventare poi un utile documento ad hoc.
#socialgnock è regolato da una policy in cui si chiede il #nolink per favorire le discussioni ed evitare azioni pubblicitarie. Come spiega Elisabetta Croce, marketing & communication consultant, il successo «credo dipenda da com’è gestita e dalle persone che si occupano di tirare le fila ogni giorno. La policy, l’organizzazione dei file e il #nolink aiutano a renderla così organizzata e a far fiorire relazioni vere». Relazioni che permettono di gestire al meglio il proprio lavoro, quasi fosse un coworking virtuale: «L’aspetto più brutto del freelance è l’essere spesso da soli – continua Elisabetta – per fortuna esistono le #socialgnock sempre pronte per un confronto, un aiuto e tanti spunti che mi fanno crescere in professionalità. Non è raro, poi, leggere offerte di lavoro o collaborazioni».
«Il valore aggiunto si ottiene quando si mettono da parte gli individualismi» aggiunge Francesca Ferrara, giornalista freelance multimediale. «Quando si fa rete l’unione fa la forza e lo scambio di informazioni ed esperienze è la ciliegina sulla torta». Poi, non mancano occasioni di incontrarsi dal vivo.
Ci sono altre community femminili come Netgirls, fondata da Sharon Sala, project manager digital, che è invece un gruppo chiuso e quindi nessun amico degli iscritti può vedere cosa si dice all’interno. Quasi trecento membri, anche qui una policy che regola le discussioni e la possibilità di potersi presentare mettendo un link ogni venerdì. Community neonata, ma con tante idee all’attivo soprattutto nella formazione.
Rete al femminile (qui la pagina Facebook) è nata prima come un network al di fuori di Facebook, creato da Gioia Gottini, per mettere insieme donne che lavorano in proprio che, come dicono nel sito, “hanno scelto di sostenersi a vicenda e di creare insieme un terreno fertile per il talento di ognuna”. Le reti sono suddivise su Facebook come gruppi territoriali: esiste quella di Torino, Milano, Messina, Vicenza…
Avevo detto: community al femminile. Ma quanto conta la connotazione di genere? A rispondere è ancora Francesca Ferrara: «Oggi più che mai l’aggettivo femminile è importante perché nonostante il progresso tecnologico, sociale e culturale, la società deve fare ancora molti passi in avanti per debellare forme machiste e maschiliste in maniera capillare, in qualsiasi luogo fisico o figurato».
Queste community dimostrano che il mito delle donne che non sanno fare squadra è superato e che, anzi, la naturale predisposizione femminile a risolvere i problemi altrui identifichi un’altra caratteristica fondamentale di una community: puntare al far stare bene le persone con cui si condivide un pezzettino di vita.