Se non sbagli, non cresci. Persone e aziende devono trovare tempo (e soldi) per commettere errori
Nella primavera del 2015 ho ricevuto un invito da un’importante multinazionale italiana dell’occhialeria per parlare a un loro evento di formazione interna e di team building. Nell’invito c’erano anche le prime indicazioni sul tema che avrei dovuto trattare: il concetto di errore.
L’idea che un’azienda di successo ragioni e provi a sondare il concetto di errore mi sembra una scelta illuminata e lungimirante e per questo voglio tornare a ragionare qui su questo tema che ritengo strategico per chiunque voglia guardare al futuro con positività.
Nelle settimane che hanno preceduto l’evento, ho studiato e letto molto sul tema dell’errore e, dopo una lunga fase di analisi, ho deciso che avrei dato al mio intervento un taglio scientifico.
La scelta, oltre a essere giustificata dalla mia formazione (una laurea in fisica), è stata dettata da una semplice constatazione: le discipline scientifiche hanno un rapporto stretto, viscerale e continuo con l’errore. In primo luogo perché gli errori sono insiti nelle misure e negli strumenti che, come sappiamo, sono alla base del processo di indagine scientifica teorizzato per la prima volta da Galileo e poi perché proprio discipline scientifiche come biologia e fisica ci hanno insegnato e mostrato il lato più nobile dell’errore. Naturalmente, durante il mio speech la scienza sarebbe stata solo un pretesto, il vero focus sarebbe stato l’innovazione in ambito aziendale con il tentativo di far riflettere sull’importanza dell’errore nei processi culturali.
Sulla scorta di questi ragionamenti ho scritto il seguente appunto sul mio pc, appunto che sarebbe diventato il canovaccio del mio intervento: “Un errore ci salverà”.
In ogni processo innovativo naturale, l’errore gioca un ruolo fondamentale: non ci sarebbe il nostro universo senza un’asimmetria spaziale insita nel Big Bang, non ci sarebbe un’evoluzione naturale della specie se i nostri replicatori (DNA) non commettessero errori nella duplicazione.
In natura, insomma, alla base del “nuovo” si nasconde sempre un errore e, forse, è giusto iniziare a pensare che questo ente sia fondamentale anche per la cultura e per molte delle attività umane. Le idee, e in particolare le idee innovative, sono frutto di esplorazioni, spesso casuali e non logiche, ed è giusto ricordare che solo grazie a un grande (grandissimo) numero di questi processi esplorativi si arriva a risultati di utilità, all’errore giusto. Gli altri sono errori sbagliati.
Forti di questa prospettiva statistica, dunque, dobbiamo promuovere l’errore e permetterci di avere il tempo e le risorse per sbagliare. Solo così (purtroppo non ci sono altri modi, non li ha trovati nemmeno la natura) a un certo punto potremmo vedere sorgere il nuovo, in un gesto innovativo, un segno, una parola o una forma.
Sembra davvero impossibile fare a meno dell’errore, è la natura a insegnarcelo. Oggi per noi è facile registrare come nel nostro mondo naturale l’errore esiste ed è altrettanto facile immaginare che continuerà a esistere, visto che in miliardi di anni questo ente non si è mai estinto, rimanendo centrale nei processi di cambiamento alla base di ogni tipo di evoluzione. Sono stati scienziati illuminati come Einstein e Darwin a mostrarci come l’errore sia fondamentale in molti processi fisici e biologici. Oggi conosciamo le loro teorie ed è scontato (quasi) assegnare grande importanza all’errore in natura. Un po’ meno facile e scontato è ammettere che l’errore sia un’ente fondamentale anche nella costruzione dei processi culturali.
Invece è giusto provare a integrare l’errore (in modo furbo, quasi ingegneristico) all’interno dei propri processi creativi e innovativi: ci si deve poter permettere di commettere errori sia come singoli individui, sia come gruppo di persone nelle aziende e forse, in ultima analisi, anche come società.
In un mondo che richiede performance sempre più importanti, l’errore spesso non viene consentito. Invece dovremmo iniziare a costruire una scienza o un’ingegneria dell’errore, trasformando quello che sembra un limite in un’opportunità di trasformazione e sviluppo.
Molte aziende in Silicon Valley iniziano a capire quanto le esplorazioni e i tentativi, anche quelli che sembrano da subito fallimentari e lontani da logiche funzionali, abbiano invece il diritto di essere vissuti e percorsi, perché molto spesso, proprio da questi tentativi, nascono le opportunità per crescere e rinnovarsi.