I professionisti della conoscenza sono 80 milioni solo in Europa. Sono il cuore e il futuro dell’innovazione
Alzi la mano chi in ufficio non si è mai trovato nella condizione di dover cercare documenti o semplici informazioni per poter svolgere correttamente il proprio lavoro. E alzi la mano chi non si è arreso almeno una volta, fallendo nella ricerca o sperimentando la sensazione della ben nota espressione “cercare un ago in un pagliaio”.
Scarsa produttività, delusioni, malcontenti, perdite di tempo, frustrazione, calo dell’engagement dei dipendenti… e la lista potrebbe continuare ancora molto, ma per farla breve e venendo al nodo della questione: alle aziende questa inefficienza costa, e anche parecchio.
Ma perché è così importante oggi lavorare sulla gestione della conoscenza? I knowledge worker, coloro cioè che hanno a che fare con un compito che prevede la gestione e il riutilizzo della conoscenza, sono in forte crescita e rappresentano oltre il 50% del totale della forza lavoro. Per avere un dato significativo basti pensare che parliamo di oltre 80 milioni di persone nella sola area europea (dati Eurostat). McKinsey ha stimato che la carenza di riutilizzo delle informazioni in azienda fa sprecare oltre 5,6 milioni di dollari ogni mille dipendenti e che entro il 2025 il lavoro di automazione del knowledge management – se svolto correttamente – porterà risparmi per oltre 6,8 miliardi di dollari. Numeri importanti che sottolineano l’urgenza di impegnarsi in modo consistente su questo aspetto all’interno delle nostre organizzazioni.
È per questo motivo e per evitare di “reinventare la ruota” che le aziende negli ultimi anni hanno messo in piedi complessi modelli di gestione della conoscenza: sistemi in grado di gestire informazioni articolate e di consentire un’efficienza interna sui processi definiti e standardizzati.
Tali sistemi, veri e propri monoliti della conoscenza, hanno però mostrato – soprattutto negli ultimi anni – la loro completa inadeguatezza nel gestire le numerose sollecitazioni provenienti da clienti maggiormente consapevoli e da un mercato molto meno prevedibile rispetto al passato. Sistemi troppo strutturati, in grado di gestire i processi ma non le sempre più evidenti e frequenti eccezioni, come a dire che le cose funzionano solo ed esclusivamente quando ci si attiene a una procedura standard o a un flusso consolidato, mentre nel momento in cui ci si discosta dalle aree note risolvere un problema diventa un’impresa ardua, se non impossibile.
Si rende quindi necessario un ripensamento delle logiche di gestione della conoscenza nelle organizzazioni. Un ripensamento in chiave più dinamica che ha nella collaborazione e nel coinvolgimento esteso di tutti i dipendenti dell’organizzazione uno dei suoi pilastri fondamentali. È proprio in questa direzione, infatti, che si stanno innestando nuove modalità di gestione del sapere in azienda, perlomeno nelle organizzazioni più attente e mature, modalità che passano dalla collaborazione e che vengono costruite sulle esigenze e sui bisogni delle persone.
I modelli collaborativi di gestione della conoscenza sono in grado non solo di mettere a fattor comune le esperienze dei dipendenti abilitando un contesto emergente di generazione dei contenuti, ma anche di generare un ambiente dinamico in grado di adattarsi alle sfide del mercato e ai cambiamenti che vengono imposti all’azienda dall’esterno. Un modo migliore di gestire le informazioni e la conoscenza attraverso logiche di community, condivisione documentale, partecipazione dal basso. In sintesi: un modo migliore di lavorare e di risolvere i problemi di tutti i giorni.
Lungo questa direttiva, numerose evidenze e progetti svolti nelle aziende maggiormente attente al tema hanno messo in luce gli impatti di questo approccio su cinque livelli fondamentali:
- Riduzione dei costi: nella gestione e nel tempo speso per la ricerca di informazioni. E nell’aumento di efficienza dovuta all’introduzione di un nuove pratiche professionali.
- Innovazione: grazie all’abilitazione di strumenti collaborativi e di social networking che consentono l’emergere di idee dal basso in ottica di miglioramento continuo. La community di dipendenti diventa un vettore molto importante per migliorare i processi organizzativi e i flussi consolidati del business.
- Coinvolgimento dei dipendenti: all’interno dell’organizzazione le persone si sentono maggiormente coinvolte perché sono in grado di impattare in prima persona sulle sfide che vengono poste all’azienda.
- Efficienza: in una migliore gestione del lavoro e nel coordinamento tra team e risorse interne ma anche nell’individuazione immediata di Subject Matter Expert che sono in grado di risolvere i problemi. In un knowledge management collaborativo la conoscenza non risiede nei documenti, ma nelle persone e nel legame tra le persone e l’organizzazione.
- Aumento della produttività: nella facilità con la quale si trovano le risorse necessarie e nella capacità di scaricare a terra valore aggiunto, mostrandosi in grado di risolvere efficacemente i problemi in minor tempo e con una resa superiore rispetto al passato.
Le aziende che hanno intenzione seriamente di investire in questa direzione devono prendere in considerazione l’adozione di strumenti collaborativi a supporto dei propri flussi di gestione della conoscenza. Oggi più che mai la scelta diviene urgente non solo per distinguersi sul mercato ma soprattutto per essere in grado di rispondere in modo efficace a un nuovo modello di consumatore e di dipendente.