Il capitale su cui puntare è quello sociale. Perché con i cittadini attivi rifacciamo l’Italia
Oggi l’Italia sta attraversando una fase critica a livello sociale, politico ed economico. Si avverte un disperato bisogno di esempi ed energie positive che possano far sperare in un rilancio del belpaese. Le attenzioni ricadono sulla cittadinanza attiva, sulle comunità che si auto organizzano. Anche le Istituzioni stanno osservando queste realtà con interesse, visto che proprio la politica ha deluso ogni aspettativa. Il progetto Italia ti Voglio Bene lavora proprio su questo, è alla ricerca delle innovazioni provenienti dal mondo delle Istituzioni e dal mondo della società civile da mettere al servizio del nostro Paese. Con questo obiettivo ai primi di settembre è stata organizzata una tavola rotonda patrocinata dal Senato della Repubblica dal titolo Favorire la gestione condivisa dei beni comuni.
Al tavolo erano presenti economisti, giuristi, amministratori comunali, sottosegretari del Governo e la società civile. È emerso un obiettivo comune: rilanciare il capitale sociale in Italia, ovvero quell’insieme di risorse di tipo relazionale che possono essere utilizzate per migliorare l’ambiente dove viviamo basandosi sul senso di appartenenza, fiducia reciproca, perché solo in questo modo è possibile gettare le basi per una società migliore.
Non sono certo regolamenti o leggi che possono creare capitale sociale, al massimo lo possono favorire, ma il duro lavoro spetta alla società civile che si auto organizza. In questo contesto è stata ascoltata l’esperienza Social street come esperimento sociale di notevole interesse vista la diffusione che sta prendendo in Italia (ad oggi oltre 330 social street con più di 20.000 persone che gravitano attorno). Tutti gli attori coinvolti concordano che in un momento di disgregazione della società, ricostruire e accumulare capitale sociale sia il punto di partenza. Il tema che ho sollevato è stato proprio quello di trovare la giusta misura di collaborazione fra cittadinanza attiva e Istituzioni.
Da una parte infatti abbiamo amministrazioni, come il Comune di Bologna, che adottano regolamentazioni per consentire e formalizzare l’auto organizzazione dei cittadini, che possono essere quindi soggetti attivi. Alcune Social street hanno colto questa opportunità per iniziare patti di collaborazione assumendosi degli impegni verso l’amministrazione e ricevendo in cambio l’abilitazione a prendersi cura di un bene comune.
Altre Social street invece, proprio per l’informalità che contraddistingue questo movimento, preferiscono non essere imbrigliate in regolamenti. Cittadini che per esempio sono solo residenti temporanei e vogliono contribuire alla vita sociale ma solo sporadicamente, senza un impegno, nell’assoluta libertà ed informalità.
Trovare il giusto equilibro sembra difficile ma è apprezzabile il lavoro svolto da Labsus (Laboratorio per la sussidiarietà, presieduto dal professor Gregorio Arena), che da molti anni lavora per armonizzare le relazioni fra cittadini e Istituzioni. Il regolamento adottato dal Comune di Bologna nel febbraio scorso ha fatto scuola e adesso decine di comuni in Italia hanno richiesto a Labsus supporto per seguire l’esempio bolognese. Arena, seppure molto contento dei passi fatti, ha sottolineato come ci sia ancora molto lavoro da fare da parte delle Istituzioni: «Non basta adottare un regolamento: le amministrazioni devono dotarsi di personale dedicato e preparato per accogliere la cittadinanza attiva». Il rischio infatti è quello di riversare una cittadinanza “volenterosa” su un apparato amministrativo esistente che, nonostante i regolamenti, non è poi collaborativo.
Per il sindaco di Bologna Virginio Merola, presente al tavolo, oggi, con la componente straniera in crescita nelle città, le realtà che vanno nella direzione di armonizzazione del tessuto sociale (come Social street) vanno incoraggiate. Proprio a Bologna partirà il primo patto di collaborazione per rigenerare una bacheca stradale, usualmente dedicata per affissione di manifesti elettorali, riconvertita e data in gestione alla Social street di via Duse per comunicare iniziative e attività della strada ai cittadini che non hanno Facebook. Per la prima volta qui dei singoli cittadini (quindi senza essere entità giuridica) potranno firmare un accordo con il Comune.
È un notevole passo avanti verso il riconoscimento della cittadinanza attiva, anche se lo stesso Merola ha ricordato che «non necessariamente serve una norma per fare qualsiasi cosa». Insomma, ognuno faccia la propria parte senza invasioni di campo e con un obiettivo comune: rilanciare il capitale sociale in Italia, per (ri)costruire una società migliore.